Referendum dei soldi bruciati
Il bilancio del referendum sull'autonomia come da ovvietà ha riscosso circa il 95% dei si in Lombardia e circa il 98% dei si in Veneto,
Nel nocciolo della questione, il referendum chiedeva al votante se volesse che il soldi recuperati dalle tasse nella propria regione venissero "autonomamente reinvestiti nella propria regione" o ridistribuiti dallo stato anche per altre regioni.
In pratica si è chiesto se si voleva che parte dei soldi frutto del proprio lavoro venissero reinvestiti per vantaggi direttamente o indirettamente propri oppure ridistribuiti più lontano dai propri interessi. Il concetto è volutamente banalizzato per far capire quanto fosse inutile indire un costoso referendum, considerando che per essere approvata l'autonomia non è richiesta l'approvazione di un referendum.
A questo punto se si volessero trattare con referendum le questioni che mettono in accordo il 95% degli italiani varrebbe la pena di farne uno sulla negazione dell'autonomia di gestione degli stipendi dei politici, ma sicuramente in quel caso basterebbe che anche uno dei 24mila tablet presentasse un malfunzionamento per rendere non valido il referendum.
come scritto il 16 ottobre sul nostro blognews:
"Il referendum per la Lombardia e il Veneto avrà un costo di 64 milioni di euro, in Lombardia si voterà attraverso voto elettronico, 24 mila tablet alla modica cifra di 22 milioni di euro, 960 euro l'uno tutto a spese dei contribuenti. Curiosi di vedere se il partito che prenderà i meriti dell'autonomia prenderà anche i meriti della colossale spesa (che evidentemente fa dell' economia di scala un principio inesistente) soprattutto se il sistema di voto elettronico presenterà delle falle strutturali"
Le falle strutturali delle votingmachine sono venute fuori, sia nel momento in cui il Veneto con lo scrutinio manuale ha dimostrato di essere più veloce nei conteggi del sistema automatizzato lombardo, sia nel momento in cui sapere quante persone erano andate a votare è risultata essere un esperienza difficile, sia nel momento delle votazioni in cui un tablet su 4 presentava problematiche, sia quando 300 chiavette usb hanno costretto gli scrutatori a rimanere segregati in attesa di nuove direttive.
Il tutto a 64 milioni di euro per conoscere l'ovvio e potersene vantare.
Non si discute che il sistema di voto digitale rappresenti il futuro, e che il banco di prova ideale sia un referendum dall'ovvio risultato anziché una votazione sul filo del rasoio ma il salto al digitale ha senso se c'è un risparmio di tempo e/o economico, in assenza di queste caratteristiche è solo spreco a 7 zeri.
Milano, 23/10/2017
Team Cogede Consulting
Il Commercialista di Milano e di Pavia